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Genitori e figli: i compiti… chi li fa?

29 Settembre 2025
Genitori e bambini: i compiti chi li fa?

Abbiamo intervistato la maestra Emanuela Fabbri, per tutti “la mastra Manu”, che insegna da tanti anni alla scuola primaria “Il Pellicano”, chiedendole consigli e indicazioni sullo spinoso tema dei compiti.

Ciao Emanuela, vorrei farti alcune domande sul rapporto genitori-figli. Partiamo dai compiti: i genitori quanto è giusto che aiutino il proprio figlio nello svolgimento dei compiti per casa?  

Per cominciare, le modalità ovviamente cambiano dalla prima alla quinta elementare, ma il prezioso aiuto che i genitori possono dare tutti gli anni è sostenere i bambini nella fatica dei compiti, affinché loro non si sentano mai da soli. Alcuni genitori a volte fanno lavorare da soli il proprio figlio, perché è lui stesso a volerlo fare. Ma non bisogna veramente pensare che nel periodo della scuola elementare i bambini siano effettivamente autonomi, anche soltanto nel corretto svolgimento dei compiti. I bambini a quest’età hanno sempre bisogno di un confronto, di una sollecitazione, di un aiuto a riguardare il proprio lavoro per un’eventuale autocorrezione.  

E come deve lavorare un genitore? Il rischio non è forse quello di sostituirsi al proprio figlio? 

Sostenere il proprio figlio standogli vicino (e facendogli percepire questa vicinanza), non vuol dire stare seduti vicino a lui dall’inizio alla fine. Questo sì che significa sostituirsi a lui. A volte basta semplicemente stare nella stessa stanza con lui, mentre si fa tutt’altro, o in giro per casa, cosicché il bambino si senta libero di chiedere l’aiuto di mamma o papà in qualsiasi momento. Il genitore si può avvicinare e guardare il lavoro del figlio e, laddove vede delle imprecisioni, fargli delle domande affinché lui stesso possa accorgersi di aver sbagliato e capisca come migliorare. Questo è importante: che il bambino sia aiutato a ritornare sul proprio lavoro e ad autocorreggersi.

Scuola primaria chi fa i compiti a casa
Scuola primaria chi fa i compiti a casa

A volte i bambini contano tanto sull’aiuto da parte dell’adulto. Come fare in questi casi? 

L’accompagnamento dei compiti è una strada da percorrere insieme, in cui l’adulto e il bambino aggiustano il tiro di volta in volta. Non c’è una ricetta o un consiglio che possa andar bene per tutti i bambini. È come se ogni genitore dovesse scoprire il proprio cammino di lavoro assieme al figlio. Un bambino all’inizio può chiedere tanto, ma è nel cammino che a poco a poco può scoprire che ce la può fare da solo. Ad esempio, in una prima elementare l’adulto deve leggere la consegna al bambino e sostenerlo in questo chiarimento del lavoro da svolgere, ma poi deve lasciarlo da solo, allontanarsi, e magari controllare in un secondo momento. La fiducia nel lavoro personale cresce con l’allentamento. E comunque il punto di arrivo non è che riescano ad arrivare a svolgere tutto da solo. Questo non è l’obiettivo della scuola elementare. 

Prima dicevi che l’aiuto dell’adulto cambia nel corso dei cinque anni. Potresti fare qualche esempio? 

Certo, come dicevo prima il lavoro di sostegno e supporto cambia nel corso degli anni. Ad esempio, in terza c’è il grande passo dell’inizio dello studio. Negli ultimi tre anni della scuola elementare bisogna studiare e a quel punto la figura dell’adulto è veramente essenziale, perché il bambino deve avere qualcuno cui ripetere. Il genitore deve ascoltare il figlio, tenendo sempre presenti le indicazioni date dall’insegnante nelle assemblee, così da avere un metodo comune, tra scuola e famiglia. Poi, deve dare spazio al bambino di venire fuori. Noi adulti spesso abbiamo l’idea di come dovrebbe essere la risposta già esatta, ma il bambino deve avere il tempo di sperimentarsi nella sua risposta, poi lo si può far ripetere meglio qualcosa facendogli delle domande o dandogli delle sollecitazioni, affinché possa migliorare il lavoro. E, cosa molto importante, non bisogna mai bloccarlo o farlo sentire incapace: deve sperimentarsi e avere la possibilità di sbagliare.  

Questo vale anche quando cominciano a scrivere testi un po’ più lunghi, magari il bambino è portato a una scrittura di getto, che per lui potenzialmente è già sufficiente. In questo caso, l’adulto che lo accompagna nei compiti deve farlo tornare a riguardare il proprio lavoro, ma non prendendo la penna in mano e correggendogli il testo: deve fare in modo che il bambino stesso si accorga di cosa e dove ha sbagliato. 

Scuola primaria chi fa i compiti a casa
Scuola primaria chi fa i compiti a casa

E poi una domanda su un tema che penso riguardi tutti, grandi e piccoli. Come reagire alla tipica risposta “Niente” di fronte alla domanda su cosa hanno fatto i bambini a scuola? 

Ci sono passata anche come mamma. Ovviamente non è un niente quello che vivono, ma spesso noi vogliamo sapere, da genitori, quello che vive nostro figlio perché desideriamo proprio partecipare in toto alla sua vita, come abbiamo fatto fino a quel momento. Il bambino piccolo vive una comunione di esperienza con la propria famiglia e quando entra alla scuola primaria comincia a passare un tempo molto lungo lontano. Inizia a vivere esperienze e incontri di cui i genitori, se il figlio non glielo permette, non possono essere partecipi. Questo è un dato di fatto. Comunque, bisogna tenere a mente che fare mille domande ai figli è forse un po’ invadente: dobbiamo sempre considerare che stanno iniziando ad avere la loro vita e noi dobbiamo averne rispetto. Dobbiamo stimare quello che sta facendo, anche se è qualcosa di altro rispetto a quello che gli proponiamo noi: è solo suo e gli permette di crescere. Questo distacco costa tanto al genitore: è una fatica e una ferita. Lasciare spazio alla libertà e allo svilupparsi della vita del figlio. 

Forse, come genitori possiamo fare una cosa importante (badando bene però a non trasformarci in investigatori ponendo mille domande!): possiamo aiutare il bambino a leggere la sua esperienza, cosicché quel niente non rimanga indefinito e indistinto nella ricchezza di quello che sicuramente ha vissuto. Magari gli si può chiedere: “Qual è la cosa bella che hai vissuto oggi?”. E bisogna sempre essere pronti al fatto che può anche non volerlo raccontare. Poi, come genitori, è importante che anche noi raccontiamo una cosa bella durante la giornata: lui può imparare a raccontare se è in compagnia di un adulto che a sua volta racconta. È difficile per un genitore, ma un passo indietro bisogna farlo perché anche se racconta, anche se si chiede alla maestra, ci sarà sempre un pezzo della sua vita che rimarrà sconosciuto. Quella è la sua vita. Loro hanno bisogno di spazio e di non stare sempre sotto controllo. E hanno bisogno di sapere che hanno un tempo loro.  

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